07/10/2016

In viaggio a Shanghai

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A settembre ci siamo recati in Cina, a Shanghai per la precisione, per incontrare diverse società cinesi quotate a Hong Kong, su alcune delle quali abbiamo delle posizioni nei nostri fondi. Naturalmente abbiamo colto l’occasione anche per valutare se il “rallentamento della Cina” di cui tutti i giornali parlano sia tangibile o se il tanto atteso “consumo” dei cittadini cinesi stia finalmente prendendo piede e attraverso quali canali.

Per chi non la conoscesse, Shanghai è la città più popolosa della Cina, con più di 24 milioni di abitanti (2.5 volte la Lombardia). E’ la capitale finanziaria e commerciale del paese nonché sede del più trafficato porto di container al mondo; il suo Pil è di oltre 400 mld di dollari, simile per dimensioni a quello dell’intera Thailandia e più grande di quello dell’Austria. E’ insomma il fiore all’occhiello del paese anche se non necessariamente  un suo campione rappresentativo (così come Milano, ad esempio, non lo è dell’Italia).

Il primo impatto con la città non è stato dei più semplici. Una volta atterrati all’aeroporto di Pudong (moderno ma abbastanza spartano e molto limitato in termini di duty free) e superate le formalità dell’immigrazione (per visitare il paese serve un visto), ci si scontra subito con la realtà delle cose: i social network e google (incluso gmail) non funzionano il che rende la comunicazione con l’Italia molto difficoltosa. Nonostante la sua importanza economica poi la città è ancora poco internazionalizzata e alla stazione dei taxi (abbiamo optato per questo mezzo di trasporto anziché il velocissimo treno Maglev che porta direttamente in centro) quasi nessuno parla inglese e pochissimi riescono a leggerlo. Guardando dal finestrino lungo il tragitto che dall’aeroporto porta al centro una cosa balza subito all’occhio: la città, che ha avuto una crescita esplosiva negli ultimi anni (la popolazione è quasi raddoppiata in poco più di due decenni), lo ha fatto in modo molto disomogeneo e sregolato; accanto a fabbriche industriali si trovano infatti schiere di palazzoni condominiali intramezzati dai tralicci dell’alta tensione a pochi metri dalle case. Poco distante è, a volte, possibile intravedere lussuosi centri residenziali ben tenuti e completamente immersi nel verde. Questo contrasto tra ricchezza e povertà è ancora più evidente nel centro città. L’edilizia e in generale il mercato immobiliare, su cui tanto si è discusso in questi ultimi mesi, ci ha fatto pensare a una società che abbiamo incontrato in occasione della nostra visita, si tratta di un property developer e più precisamente delle Country Garden. La sua strategia è ben precisa: acquisire terreni e costruire complessi residenziali nelle periferie, rivolgendosi non tanto ai lavoratori di queste ultime ma bensì a quelli delle città più grandi come Shanghai; molti lavoratori infatti, non potendosi permettere di vivere nei grandi centri, preferiscono cercare casa in periferia (o addirittura in altre città) e diventare pendolari. Costruire lontano dai centri cittadini permette un notevole risparmio di costo in termini di acquisizione di terreni e, stando a quanto ci è stato detto, i singoli progetti generano flussi di cassa positivi in poco meno di nove mesi.

Osservando guidare il tassista ci si rende conto che guidare in Cina non è per nulla semplice: gli automobilisti sono abbastanza indisciplinati, rispettano poco la segnaletica e anche i motociclisti non sono da meno. Guardando alle auto che circolano sulle strade poi è facile notare come buona parte dei veicoli siano di origine estera (VW su tutti, ma non mancano Bmw e Audi) ma la presenza di veicoli locali (come le Geely o le Dongfeng Motor) non è irrilevante. Il mercato cinese dell’auto è ormai diventato il più grande del mondo in termini di nuovi veicoli venduti, con oltre 25 milioni di unità stimate per il 2016; di questi tuttavia pochissimi sono elettrici o ibridi e se a questo si aggiunge che mediamente il parco macchine è abbastanza vecchio, si intuisce il grande potenziale di questo mercato, a cui è possibile partecipare  anche tramite investimenti in car dealers, come le China Zhengtong.

Il centro di Shanghai, se di centro si può parlare, è molto moderno; si sviluppa lungo il delta dello Yangtze e la skyline è abbastanza impressionante con la Shanghai Tower, il secondo edificio più alto del mondo (632m), che svetta sulla città. Passeggiare per il centro di Shanghai offre tuttavia una esperienza molto diversa da quella sperimentabile a New York o Tokyo. A eccezione  delle zone residenziali estremamente lussuose (qui le case, e abbiamo verificato personalmente, arrivano a costare anche 20.000€ al mq), passeggiando per il centro è facile imbattersi  in zone estremamente popolari o addirittura in mercati popolari stile Ballarò di Palermo dove viene venduto il pesce appena pescato (meglio non domandarsi da dove provenga). Si passa facilmente dal lusso più sfrenato alla povertà più estrema, il tutto in poche centinaia di metri. L’accentuata diseguaglianza sociale e il divario reddituale esistente tra i cittadini è qualcosa che è difficile da accettare per un paese comunista come la Cina. Camminando infatti per una delle tante vie del lusso della città, letteralmente tappezzata di negozi del calibro di Rolex, Longines, Cartier ecc si nota come non ci sia nessuno al loro interno; per intenderci i passanti ci sono (eccome) ma nessuno compra nulla...lasciando i commessi a girarsi i pollici; sarà stato l’orario o il periodo ma non abbiamo contato un singolo cliente. 

Eppure il problema del consumo non è confinato al solo mercato del lusso; interi quartieri di Shanghai sono infatti dedicati allo shopping con department stores, shopping malls  e singoli outlet uno di fila all’altro; è molto facile imbattersi in centri commerciali ad ogni angolo. Il problema è che molti department stores sono quasi deserti (come Parkson Retail o Golden Eagle) e la gente sembra ignorarli tout court con le uniche aree che riscuotono un certo grado di successo identificabili in quelle dedicate ai ristoranti e al cibo in generale. Decisamente migliore la situazione degli shopping mall, che riescono ad attrarre molta più gente offrendo servizi aggiuntivi come cinema, palestre, librerie, etc… A una prima analisi potrebbe quindi sembrare che i consumi non siano in grande crescita; l’impressione avuta è invece che più che una carenza di domanda (che comunque si intuisce sia forte ed è in parte assorbita dal canale online), la vera questione è, guarda caso, l’eccesso di offerta. Semplicemente ci sono, almeno a Shanghai, troppi centri commerciali, sovradimensionati per la domanda attuale e alcuni di  questi sono, sfortunatamente, destinati a chiudere. 

Per cercare di attrarre più visitatori apprezziamo le strategie di Parkson Retail e Gome (una sorta di Euronics cinese) che stanno cercando di trasformare i loro  centri, al momento alquanto anonimi, in luoghi di ritrovo  incentrati su un determinato lifestyle. La strategia chiaramente richiede importanti investimenti per il rinnovamento dei locali e del tempo per poterne apprezzare i risultati ma è una scelta quasi obbligata.

Il punto, a nostro avviso, non è che il tradizionale canale di commercio al dettaglio sia morto ma che il settore deve necessariamente cambiare strategia e adattarsi ai nuovi contesti  e non rimanere ancorato al precedente business model.

Le società del settore IT, dell’e-commerce e in generale i titoli internet sono, come facilmente immaginabile, caratterizzati  da alti tassi di crescita; purtroppo le valutazioni delle aziende del settore sono care se non proibitive (Alibaba tratta, per esempio, a 70 volte gli utili trailing e a 16 volte le vendite) e già incorporano nei prezzi tassi di crescita molto sostenuti che poco si adattano ad investitori value come noi.   

Durante la nostra visita abbiamo incontrato due società del settore che, pur non essendo attualmente nei nostri portafogli, ci sono piaciute, trattano a multipli più ragionevoli e che seguiremo da vicino nel prossimo futuro. La prima società è la Kingsoft, che opera in  4 rami di business: Cheetah mobile (produttore dei ben noti software Bactery Doctor e Clean Master e di cui la società possiede il 47%), una divisione di online gaming, wps office (una suite office molto nota in Cina) nonché la divisione cloud, dove la società è market leader in Cina.  La seconda società è la Smic, una foundry cinese che dovrebbe beneficiare degli incentivi e della volontà del governo cinese di stimolare lo sviluppo interno dell’industria dei semiconduttori.

In estrema sintesi l’impressione finale della nostra visita in Cina è stata complessivamente  positiva; molto deve essere ancora fatto e viaggiando da Shanghai a Tokyo, dove abbiamo incontrato una decina di aziende giapponesi, ci si rende conto del divario enorme che esiste ad oggi tra il mondo emergente e quello occidentale. Naturalmente, come in ogni cosa, molto dipende dalla prospettiva con cui si guardano le cose e noi preferiamo vedere l’arretratezza in certi settori della Cina come un enorme opportunità di crescita. Il paese, a differenza di quanto si legge sui giornali, non ci è apparso in crisi o sull’orlo del baratro e l’attività economica, per quel che abbiamo visto, ci è apparsa attiva e vivace.
A risentirci presto, ciao!