08/01/2016

Cina: quando volatilità fa rima con opportunità

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L’apertura del 2016 è stata piuttosto turbolenta per i mercati azionari, complice il battito d’ali del Dragone cinese che ha travolto le principali borse azionarie mondiali.

Ma cosa sta succedendo in Cina e quali sono gli effetti sulle decisioni di investimento in questo mercato e sui nostri fondi?

E’ di questi giorni la notizia che la CSRC, l’autorità regolamentare del mercato azionario cinese, ha introdotto ulteriori misure restrittive sulle negoziazioni con l’obiettivo di prevenire crash di borsa e stabilizzare le aspettative del mercato.

Di fatto il mercato domestico cinese è estremamente “sottile” quindi poco idoneo a sopportare imponenti volumi di negoziazione locali. Le limitazioni della CSRC hanno come obiettivo proprio quello di contenere movimenti eccessivi di mercato.

Per tale ragione la CSRC ha deciso che gli investitori, Business Insider parla di “azionisti di maggioranza”, potranno vendere un massimo dell’1% di azioni quotate ogni tre mesi con un preavviso di 15 sessioni di borsa. Questa però non è una novità, infatti l’8 luglio scorso lo stesso regulator aveva imposto un divieto di sei mesi (scadenza 8 gennaio dunque) di vendita per gli azionisti che detenevano più del 5% in un’azienda quotata.

La vera novità di inizio 2016 è stata l’introduzione della circuit breaker rule , sospesa momentaneamente ieri vista la sua inefficacia, che prevedeva che le negoziazioni potessero essere bloccate in due fasi: la prima per 15 minuti a fronte di un calo del mercato domestico (il CSI300) del 5%, per essere poi riprese, la seconda per l’intera giornata qualora l’indice avesse superato il -7%.

A mettere ulteriormente di malumore gli investitori internazionali sono stati i movimenti del mercato dei cambi.

Anche qui la Cina non è esempio di linearità. Di fatto esistono due tipi di cambio dello yuan: il cambio on shore (domestico) e quello off shore (internazionale).

Il secondo è determinato dai movimenti di mercato ed è libero dal 2010.

Il primo invece si adegua all’ off shore con un fixing la cui banda è determinata dalla Banca Centrale Cinese (POBC).

Secondo alcuni si tratterebbe di una vera e propria “guerra delle valute” della Cina nel tentativo di aiutare la crescita economica attraverso l'export e che dovremo aspettarci quindi ulteriore deprezzamento. Tuttavia in questi giorni abbiamo assistito a movimenti legati prevalentemente al mercato e non ad interventi di svalutazione da parte della Banca Centrale che è invece intervenuta più volte per cercare di contenere la svalutazione dello Yuan vendendo riserve valutarie per circa 500 miliardi USD negli ultimi 6 mesi.

Sebbene molti ritengano che il supporto governativo e la limitazione delle negoziazioni, piuttosto che i fondamentali, sia l’unica ragione a tenere in piedi il mercato cinese, noi non siamo di questo avviso.

Dal punto di vista dei fondamentali infatti, le notizie negative provenienti dall’economia reale (settore manifatturiero) paiono essere alla base del calo di questi giorni.

Tuttavia a nostro avviso non siamo di fronte ad un nuovo scenario per l’economia cinese e dunque per gli investimenti in Cina. Si tratta piuttosto di un’oscillazione fisiologica, auspicata da molti, che sta facendo entrare la Cina in un’era dove prenderà piede il terziario e dove l’industria manifatturiera attraverserà una normale fase di ridimensionamento in attesa di miglioramenti della produttività.

Inoltre il rallentamento degli utili delle azioni pare essere arrivato al punto di minimo e alcuni settori presentano valutazioni decisamente interessanti: ricordiamo che il mercato delle aziende cinesi quotate ad Hong Kong (quelle su cui gli stranieri sono prevalentemente investiti) vale in media 10 volte gli utili.

Per tale ragione continuiamo ad essere esposti al mercato cinese tramite investimenti sul mercato di Hong Kong (H-Shares). Questo per alcune ragioni:

1. il mercato H-shares non è soggetto alle restrizioni imposte sul mercato domestico di cui parlavamo poco sopra;

2. queste azioni non sono quotate in Yuan, ma in Hong Kong dollar;

3. le azioni cinesi quotate in questo mercato presentano sconti importanti rispetto alle stesse azioni quotate nei mercati domestici di Shenzhen e Shanghai (arriviamo anche al 50% di sconto).