26/02/2018

La volatilità torna sui mercati: come si posizionano i nostri gestori?

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La volatilità è ripiombata al centro dell’attenzione mediatica dopo le recenti scorribande del VIX, il termometro che misura la “febbre” sui mercati, e dei rendimenti del Treasury americano che viaggiano ormai sui livelli massimi da oltre 4 anni.

Alla luce degli eventi che si sono susseguiti nelle ultime settimane sui mercati finanziari, abbiamo intervistato Giacomo Tilotta, gestore equity dei fondi AcomeA Italia e AcomeA Europa.

Quali sono state le cause che hanno scatenato la volatilità sui mercati azionari?

Quello che abbiamo vissuto in questo mese sui mercati è stato il risultato di componenti razionali, tecniche ed emotive.

In primis, sulla scia dei dati positivi sull’inflazione e sui salari statunitensi, l’ascesa dei rendimenti nel Treasury ha spinto al rialzo le probabilità che le banche centrali possano accelerare il processo di normalizzazione dei tassi di interesse. E di solito, almeno nel breve periodo, le correnti di rialzo dei tassi generano turbolenze sui mercati azionari. 
  Ad accentuare ancor di più la flessione, è stato il proliferare dei sistemi di trading e di algoritmi che hanno spinto i flussi di vendite in maniera automatica senza nessuna connessione con i fondamentali. Infine, ad incidere anche sono state le reazioni puramente emotive degli investitori, colti di sorpresa dinanzi alle prime agitazioni dei mercati dopo un lungo periodo di quiete. 

Ma i fondamentali rimangono positivi, giusto?

I dati macroeconomici appaiono abbastanza solidi e la stagione degli utili appena conclusa è stata la migliore dal 2011. La crescita del Pil americano si mantiene in linea con le previsioni, mentre quella dell’area euro fa segnare la migliore performance dal 2007 (+2,5% su base annua).

Perché la Borsa italiana è stata una delle poche a livello globale a mostrare il segno “+” da inizio anno? Quanto conta il supporto dei Pir?

Di solito si dice che “quando l’America starnutisce, il resto del mondo si becca il raffreddore” … e l’Italia la febbre. Ma questa volta rispetto alle correzioni che si sono viste altrove, il mercato azionario italiano ha tenuto abbastanza bene.

La ragione è legata principalmente al peso della componente bancaria all’interno dell’indice Ftse Mib. In uno scenario di tassi in crescita, come quello attuale, le banche sono quelle che ne beneficiano maggiormente nel medio-lungo periodo. Non c'è stato quindi il cosiddetto “effetto-Pir”, che comunque rimane di assoluta importanza per il sostegno della liquidità nei panieri small e mid. 

Quali strategie di portafoglio state perseguendo?

A partire dalla seconda metà dello scorso anno, abbiamo ridotto progressivamente l’esposizione all’equity che oggi viaggia attorno al 90%. Pur rimanendo costruttivi nel medio lungo periodo, l’approccio perseguito nel breve è di tipo prudente e attendista nei confronti del mercato. In questa fase, riteniamo che mantenere un cuscinetto di liquidità possa rivelarsi una scelta appagante qualora dovessero presentarsi in futuro opportunità interessanti.