13/04/2018

Russia colpita dalle sanzioni: quali opportunità sul mercato?

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Nelle ultime settimane, la Russia è ripiombata al centro dell’occhio del ciclone a seguito delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e delle crescenti agitazioni in Siria.

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato sanzioni contro 7 oligarchi russi e 12 compagnie direttamente controllate. Inoltre, nonostante il recente orientamento del Tesoro volto ad evitare ulteriori impatti negativi sul mercato, è stata presentata alla Camera una legge che comporterebbe, per cittadini ed istituzioni americane, il divieto di effettuare operazioni anche sul mercato primario dei titoli di stato russi e di altre entità di quel paese.

Questo clima di forte tensione geopolitica ha generato forti perdite sul mercato azionario russo, sui titoli societari emessi da società russe e sul rublo. Dopo la notizia delle sanzioni, l’indice azionario MOEX aveva perso circa il 10%, per poi recuperare il 4% negli ultimi giorni. A subire i maggiori ribassi sono state le società controllate dagli oligarchi sanzionati (lista qui). Sul fronte delle valute, anche il rublo ha vissuto giorni di particolare nervosismo: il cambio con l’euro era salito da 70,5 a 80,3 rubli (-13%) per poi rientrare in area 75.

Le recenti vicende che hanno coinvolto la Russia hanno aperto un’opportunità anche sui mercati obbligazionari; in particolare, valutazioni attrattive sono offerti oggi dalle obbligazioni societarie russe, che sono state oggetto di una forte speculazione e di vendite forzate.

Abbiamo deciso di investire su titoli di società che in caso di difficoltà possano godere di supporto diretto o indiretto da parte dello stato (è il caso di Vnesheconombank o Gazprombank) oppure su titoli che presentino business e fondamentali tali da consentire loro di poter sostenere un periodo prolungato di difficoltà (Lukoil, Novatek, Severstal, Alrosa) o che, nonostante abbiano un profilo di rischio più alto, evidenzino comunque un proporzionato premio aggiuntivo per il rischio (per esempio Evraz). Vista la situazione attuale, che non ha raggiunto gli estremi del 2014/15, inoltre, abbiamo scelto scadenze ravvicinate per limitare la volatilità di prezzo e per ottenere una attenuazione implicita di essa, man mano che ci si avvicina alle varie scadenze, ipotizzando un orizzonte di sei mesi/un anno. È per altro ovviamente lecito aspettarsi anche il protrarsi di una fase di volatilità, che, anche in questo caso, sarà sfruttata per gestire molto dinamicamente gli investimenti e per ricompensare la tenuta di questa posizione.

Sul fondo AcomeA Performance, inoltre, abbiamo introdotto nuovamente l’esposizione al rublo, che avevamo eliminato dal portafoglio circa sei mesi fa, attraverso un bond governativo emesso dalla Russia.



Rispetto a un mese fa, la crescita di rendimento nei titoli di stato russi (e anche su quelli corporate) riflette non solo la delicata situazione geopolitica che vive il paese, ma anche la modifica delle attese su quanto farà in futuro la banca centrale: la rapida svalutazione del rublo ed il possibile effetto di aumento dell’inflazione potrebbero eliminare la propensione a ridurre i tassi di interesse.

Quanto alla solidità dei fondamentali economici della Russia, siamo più che fiduciosi.

La Russia ha un rapporto debito/Pil del 12,6%, il quarto più basso al mondo. La bilancia commerciale è in attivo di 115 miliardi di dollari nel 2017 e le partite correnti rimangono saldamente positive (28 mld di dollari nel 1° trimestre del 2018).

Lo stock di riserve della Banca Centrale è di 458 miliardi di dollari, ed è il quinto più grande a livello mondiale dopo Cina, Giappone, Svizzera e Arabia Saudita.

È chiaro che agli occhi degli investitori i recenti fatti richiamano alla memoria la crisi russa vissuta tra il 2014 e il 2016. Ma allora, oltre alle sanzioni, era stato anche il crollo del prezzo del petrolio ad influire sul sull'economia russa e sul rublo.

Non dimentichiamoci, infine, che la Banca Centrale russa ha dimostrato negli anni di aver le capacità per tenere la situazione sotto controllo. Dal 2015 in poi, il paese è uscito dalla recessione, ha sconfitto l'inflazione (ora al 2,4% dopo essere stata quasi al 17% nel 2015) perseguendo una politica monetaria prima assai restrittiva e poi progressivamente espansiva con il costo del denaro che è passato dal 17% nell’emergenza della fine del 2014 all’attuale 7,25%.