28/06/2018

Turchia: cosa cambierà con la rielezione di Erdogan?

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La Turchia è nuovamente al centro dell’attenzione degli investitori dopo la rielezione del Presidente Recep Tayyip Erdogan alle recenti tornate elettorali.

Erdogan è alla guida del Paese da 15 anni, come Primo ministro dal 2003 al 2014, e poi come Presidente. Ma è dopo il referendum di aprile 2017 che i suoi poteri sono stati estesi, divenendo di fatto sia il capo dello stato sia il capo del governo turco.

Durante la sua presidenza, la Turchia ha accresciuto il suo prodotto interno lordo da 200 miliardi di dollari nel 2001 a 850 miliardi nel 2017, con un tasso di crescita medio annuo vicino all’8% (tra i più elevati delle economie emergenti).

Tuttavia, la crescita è stata in larga parte assistita da politiche monetarie e fiscali espansive che negli ultimi anni hanno surriscaldato eccessivamente l’economia turca, portando l’inflazione in doppia cifra nel 2017 e generando turbolenze sui mercati valutari e obbligazionari.

Da inizio anno, la lira turca ha registrato la peggiore performance tra le valute emergenti, svalutandosi di circa il 20% nei confronti dell’euro e di circa il 25% rispetto al dollaro. Ad intensificare il sell-off e la percezione del rischio paese, sono state le esternazioni rilasciate dal leader turco durante un’intervista a Bloomberg:

"Ovviamente la nostra banca centrale è indipendente, ma non può mettere da parte i segnali mandati dal Presidente”.


A placare, temporaneamente, i timori riguardo un’eccessiva ingerenza del governo sulle politiche monetarie, è stata la banca centrale turca con l’aumento dei tassi di riferimento dal 13,5% al 16,5% e poi, con un ulteriore rialzo, al 17,75%.

Il nostro posizionamento verso la Turchia

Il Performance e il Prudente sono i fondi con la maggior esposizione verso titoli di stato e di società turche, ad oggi pari a rispettivamente il 33% ed il 30%.
Negli ultimi mesi, complice la crescita degli spread e dei rendimenti sulle obbligazioni turche, abbiamo ritenuto valida l’opportunità di incrementare il peso della Turchia nei nostri fondi, soprattutto con riferimento alle obbligazioni in dollari ed a scadenza breve/media.

Per quanto riguarda l’esposizione valutaria, le obbligazioni in dollari pesano di più rispetto alle obbligazioni in lira turca. Si mantiene marginale l’esposizione verso obbligazioni emesse in euro (anche a causa della scarsità delle emissioni in questa divisa), prevalentemente concentrata sul fondo Patrimonio Esente (5%). Sul fondo Breve Termine le esposizioni in dollaro o lira turca sono integralmente coperte dal rischio cambio.

In merito alla tipologia di emittente, i titoli governativi mostrano tendenzialmente un peso maggiore rispetto quelli corporate, tranne nei fondi Breve Termine, Eurobbligazionario e Esente.
I titoli di stato presenti sui nostri portafogli sono principalmente espressi in valuta locale, mentre i corporate sono esclusivamente in valuta forte (dollaro e euro). Tra i titoli corporate ci sono tuttavia quasi interamente banche a diretto controllo statale (Ziraat, Export Credit Bank of Turkey) che offrono spread interessanti rispetto al paese. 

Quanto all’orizzonte temporale, preferiamo mantenerci con scadenze di breve e medio (entro i 5 anni) periodo sui titoli in dollari, per limitare l’effetto dell’eventuale aumento degli spread e dei tassi di interesse negli USA (che finora è avvenuto quasi solo sulla parte breve). Scadenze più lunghe dei 5 anni sono presenti in misura più marcata nei fondi Performance, Prudente, Aggressivo e Dinamico.

Infine, dando uno sguardo ai rendimenti delle obbligazioni, essi viaggiano a tassi molto elevati. I tassi dei titoli di stato a 1 anno in valuta locale si aggirano attorno al 19% (e cioè circa l’8% in termini reali) con spread ai massimi storici.

 

Cosa ci attende nei prossimi mesi?

A dare risposta a questa domanda, sono i nostri gestori obbligazionari Alberto Foà e Marco Sozzi.
"Risolta la questione relativa all’incertezza politica, adesso il mercato si attende nuovi segnali dalla Turchia. Nei prossimi giorni, verrà resa nota la squadra di ministri che andrà a formare il nuovo governo Erdogan.
Se le prime mosse del governo verteranno verso un miglior rigore fiscale e su una maggiore garanzia di indipendenza della banca centrale, tutto questo porterà a reazioni positive sui mercati obbligazionari e valutari".

Per quanto riguarda le nostre scelte di investimento, aggiunge Sozzi, sappiamo che è ragionevole attendersi nel breve un aumento dei crediti deteriorati delle banche, a causa del repentino aumento dei tassi di interesse voluto dalla CBRT e dell’attesa frenata dell’economia. Sulle banche turche presenti in portafoglio vige comunque l’ombrello statale, che riteniamo non mancherà di fornire supporto in caso di necessità.

Tuttavia, sostiene Foà, i rendimenti assoluti delle banche di stato e gli spread verso US Treasuries e Turchia (governativo) in USD, sono già su livelli interessanti ed indicativi di un notevole livello stress. Riteniamo quindi che l’investimento in questi titoli possa avvenire già ora attraverso l’assunzione di un rischio per il quale si viene remunerati. Ovviamente la posizione sul fondo è costruita in modo progressivo e diversificato (per emittente e scadenze), in modo tale da diluire l’effetto della volatilità che, certamente anche noi ancora ci aspettiamo e che potrà fornire ulteriore opportunità di adeguamento della strategia.