03/11/2015

Turchia: il ritorno del sultano

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Recep Tayyip Erdogan ha vinto la sua scommessa. Chiamare nuovamente alle urne 54 milioni di turchi a soli 5 mesi dall’ultima tornata elettorale dove il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) aveva registrato la prima ‘’sconfitta’’ in 13 anni di potere, era sicuramente un rischio. Probabilmente un rischio calcolato dal Presidente turco che, dopo aver tentato di formare un governo di coalizione, ha deciso di ricorrere alla volontà popolare.

Il risultato, stando ai dati, è superiore a ogni più rosea previsione per il partito di Erdogan. Altissima l’affluenza, pari all’87,2% dell’elettorato. L’Akp ha sfiorato il 50% dei consensi (49,4%) in rialzo di oltre l’8% rispetto all’ultima tornata, conquistando ben 316 seggi su 550 in Parlamento. Maggioranza assicurata nell’Assemblea con solo 15 seggi mancanti per raggiungere in autonomia uno dei progetti più ambiziosi del leader turco: cambiare la Costituzione e trasformare la Turchia in una Repubblica Presidenziale.

La Turchia di oggi attraversa un cambio di paradigma nelle preoccupazioni dei cittadini e, quindi, della stessa classe di governo. Negli ultimi anni le attenzioni del governo e dell’opinione pubblica erano focalizzate sulla crescita economica, ma dato il riacutizzarsi dell’atavica vicenda curda il focus dell’elettorato si è spostato verso la questione ‘sicurezza’. Non a caso i sondaggi pre-elettorali mostravano un paese bloccato in una paralisi politica, vicino a una nuova crisi economica e in preda alla paura che il terrore possa divampare dalle zone periferiche ad alta presenza curda fino alle città, come dimostrato dall’atroce attentato ad Ankara dello scorso 10 ottobre.

Quanto risultato dalle urne rispecchia quindi la volontà del popolo turco di affidare nuovamente le sorti del Paese a un governo forte guidato da un partito unico con una presenza iconica a guidarlo. La scelta più scontata data la storia politica turca e l’evolversi della situazione economica e interna al Paese.

Il nuovo assetto politico turco determina uno scenario più favorevole per gli investitori esteri.  Nonostante una sostanziale polarizzazione del paese, la netta vittoria dell’AKP elimina l’elemento di incertezza politica che aveva caratterizzato gli ultimi mesi degli asset turchi. Il nuovo indirizzo economico e l’implementazione dell’agenda di riforme strutturali saranno ora sotto esame da parte degli investitori. Sarà quindi necessario che l’AKP mostri sin da subito un chiaro percorso che allontani qualsiasi timore di nuovi rischi e incertezze politiche e di efficacia dell’azione di governo in modo da non scoraggiare i flussi di capitale ed esporre nuovamente la Turchia a vulnerabilità esogene.

Da un punto di vista di fondamentali economici la Turchia si presenta con un Paese che continua a crescere a un ritmo lontano dai picchi sostenuti in passato, ma ciononostante sostenuto, con un aumento del PIL prevista intorno al 3% annuo. Il saldo delle partite correnti, uno dei più alti per quanto riguarda i Paesi Emergenti, permane in territorio negativo, anche a causa della recessione della Russia (secondo partner commerciale di Ankara dopo l’Unione Europea), tuttavia negli ultimi tempi si sta assistendo ad un certo recupero sull’onda dalla forte svalutazione della lira e del ribasso del prezzo del petrolio. L’inflazione permane ad un livello elevato (7,6%) e sarà interessante vedere come si comporterà la banca centrale di fronte alle recenti pressioni politiche da parte di esponenti del partito vincitore che premevano per una riduzione dei tassi di interesse.

Per quanto riguarda l’operatività il recupero dei titoli obbligazionari e della lira turca ci hanno dato spunto per una piccola presa di profitto sull’aumento dell’esposizione effettuato nel corso dell’estate; il paese resta però uno dei posizionamenti principali nell’ambito dei Paesi Emergenti per quanto riguarda la componente obbligazionaria.