12/04/2013

Il punto su Unione Europea e banche: parte 1

AcomeA 12 Mesi Il punto su Unione Europea e banche: parte 1

Molti commentatori hanno ritenuto che i provvedimenti presi dall’Unione Europea per fronteggiare i diversi episodi della crisi che perdura dal 2007, siano improvvisati e frammentari. Il caso di Cipro (con l’iniziale, abborracciata e poi riveduta soluzione che prevedeva il coinvolgimento dei depositanti anche per la parte soggetta a garanzia) si presta sicuramente a numerose critiche; non dimentichiamo però due circostanze. La prima è che l’Europa ed ancor di più l’Unione Monetaria sono istituzioni giovani ed “in fieri”: non dovrebbe sorprendere eccessivamente il fatto che occorra tempo perché Paesi con tradizioni così profonde, radicate e differenti possano accordarsi per trovare un modello di comportamento unico e funzionante e che in tale percorso siano commessi alcuni errori; anche le istituzione politico-monetarie degli Stati Uniti sono sorte e sono state modificate e perfezionate nell’arco di numerosi decenni . La seconda circostanza è che i provvedimenti sono stati diversi, ma anche le situazioni di partenza erano diverse: le differenze in termini di indebitamento (del settore pubblico e di quello privato) sono piuttosto note ed in ogni caso i problemi delle banche tedesche non sono uguali a quelli delle banche italiane, la crisi delle banche irlandesi non è simile a quella delle banche cipriote ed i problemi della Grecia non sono identici a quelli dell’Italia.

Benchè il processo in corso appaia disarticolato, esso si pone tuttavia nell'ambito di uno schema legislativo che è in corso di definizione: cerchiamo dunque capire come anche i recenti eventi si inseriscano in una prospettiva europea che riguarda l’intero settore bancario.

Partiamo dalla necessità, evidenziata dalla crisi, di evitare il risultato che è espresso efficacemente dalla perifrasi “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”: se, infatti, il denaro dei contribuenti viene speso (anche) a favore del risanamento del sistema bancario che non ha distribuito (né distribuirà in futuro) il proprio valore aggiunto a tutta la collettività, è però chiaro che la corretta allocazione del risparmio e quindi l’esistenza e l’efficienza del settore finanziario sono un bene comune da salvaguardare.

Partendo da questo principio, il dibattito delle istituzioni di tipo politico e monetario ha portato alla definizione di tre corollari.

Innanzitutto occorre limitare il più possibile il cortocircuito tra stati e sistemi bancari nazionali ovvero evitare da un lato che i rendimenti dei titoli di stato siano eccessivamente elevati in quanto incorporano il rischio delle banche per le quali lo stato ha dato sostegno in modo più o meno esplicito e dall’altro che le perdite sui titoli di stato appesantiscano ulteriormente i bilanci bancari. Esempi concreti sono quelli di Irlanda, Spagna e Italia.

In secondo luogo deve essere ridotta la tolleranza dei sistemi di supervisione nazionali nei riguardi delle banche nazionali: la difformità nelle regole che governano l’attività bancaria è stata sfruttata a vantaggio dei cosiddetti “campioni nazionali” (ovvero delle banche più importanti) e le banche centrali nazionali hanno in qualche caso fatto eccessivamente affidamento su operazioni straordinarie della BCE: si veda per esempio il riscorso all’ “Emergency Liquidity Assitance” da parte della banca centrale di Cipro per sostenere le banche in dissesto.

Infine, occorre evitare che il legame tra stati e banche nazionali (aggiungiamo questo aggettivo per evidenziare la preferenza che ogni banca ha nei confronti del proprio paese) renda problematico il perseguimento degli obiettivi di politica monetaria da parte della banca centrale, già aggravato dall’eccessiva difformità dei tassi di interesse tra gli stati e (conseguentemente) tra le famiglie e le imprese. Per fare un esempio, la BCE ha tagliato i tassi fino allo 0,75, mentre nelle fasi più acute della crisi italiana, il rendimento dei BOT a 3 mesi è salito fino il 6%: per contrastare questa situazione la BCE ha dovuto ricorrere a misure non convenzionali come le due operazioni LTRO.

Vedremo nella seconda parte di quale strumenti si sta dotando l'Europa per raggiungere questi obiettivi.