09/07/2013
FED e BCE: due politiche monetarie a confronto
AcomeA GlobaleLe recenti comunicazioni della banca centrale americana, provenienti sia dal Comitato Esecutivo sia da vari esponenti a titolo personale, hanno dato risalto al miglioramento della situazione del mercato del lavoro, che rappresenta uno dei parametri fondamentali della FED per definire la propria politica monetaria.
Il tasso di disoccupazione, in particolare, potrebbe iniziare a migliorare, benché sia presumibilmente stato stabile anche grazie al calo del tasso di partecipazione (ovvero in sostanza alla diminuzione delle persone che effettivamente cercano un lavoro). Il presidente della banca centrale Bernanke ha inoltre dichiarato che, qualora il miglioramento dell’economia fosse confermato nei prossimi mesi, la FED potrebbe iniziare a ridurre l’acquisto di titoli di stato e di titoli legati ai mutui ipotecari (noto come Quantitative Easing 3).
I mercati hanno reagito a queste dichiarazioni con un repentino rialzo dei rendimenti soprattutto sulla parte medio-lunga della curva, con il Treasury a 10 anni che negli ultimi due mesi è passato dall’1.6% al 2,7% ed il Treasury a 30 anni che è passato dal 2.8% al 3,7%.
Sulla sponda europea, dopo l’iniziale trasmissione ai titoli tedeschi del movimento di rialzo, hanno fatto da contraltare le dichiarazioni del Presidente della BCE Mario Draghi, il quale ha espresso la volontà di controllare la curva dei tassi europea (anche sulla parte lunga) e di avere l’intenzione di proseguire la politica monetaria accomodante, anche ricorrendo ad eventuali riduzioni dei tassi di interesse.
La diversa forza delle economie, le politiche monetarie divergenti ed il conseguente ampliarsi del differenziale dei tassi di interessi tra Stati Uniti ed Europa (sulla scadenza a 10 anni siamo prossimi ai massimi del 2005 e non siamo lontani da quelli del 1999) hanno avuto come effetto il rafforzamento del dollaro nei confronti dell’euro. I fondi azionari e flessibili per la parte azionaria di AcomeA sono in questo momento coperti sulla divisa americana per circa il 20%; in caso di ulteriore rafforzamento del dollaro, in considerazione dei massimi raggiunti dal differenziale dei tassi di interesse, sarà valutata l’opportunità di aumentare la copertura.