05/06/2015
La Corea vista da vicino
AcomeA Asia Pacifico AcomeA Paesi EmergentiLa seconda tappa della nostra trasferta asiatica è stata Seul, capitale della Sud Corea. Il paese ha una certa importanza per i nostri fondi considerando che il suo peso attuale è di circa il 7% nel fondo emergente e 3.5% nell’Asia Pacifico.
Essendo investitori value contrarian questa esposizione non deve stupire: Il mercato coreano infatti, dopo il rally cinese, è ad oggi tra i più convenienti nell’universo emergenti trattando a 12.45x gli utili trailing, a 10.3 quelli forward e a 0.96x il book value. Nonostante i bassi livelli di valutazione la crescita economica del paese, seppur in rallentamento, è ancora molto forte (+3,3% nel 2014) con stime di crescita di oltre il 3% per i prossimi anni. L’ultima contrazione del Pil si è verificata addirittura nel 1998 durante la grande crisi asiatica a cui sono seguiti 16 anni di crescita ininterrotta con il paese che è stato in grado di evitare una recessione anche durante la grande crisi finanziaria del 2009.
Considerare quindi la Sud Corea un paese in via di sviluppo è decisamente fuorviante: Il Pil espresso in $ è infatti di oltre 1,4 bilioni di $ (più grande dell’economia spagnola) con un reddito pro capite di oltre 28.000$ annui e un’inflazione sotto controllo (0,5%). La Corea, tra i paesi più industrializzati al mondo, è leader mondiale in molti campi tra cui citiamo l’elettronica di consumo, il settore della cantieristica navale, dell’acciaio, dell’auto e dell’ingegneria edile. L’IT è estremamente importante per il paese e ciò è testimoniato da una avanzatissima rete di telecomunicazioni con la più alta penetrazione di banda larga al mondo (97%) a una velocità media di oltre 50mb/s.
Il paese è molto dipendente dal commercio internazionale con le esportazioni che rappresentano il 56% del Pil mentre le sue finanze pubbliche sono eccellenti: la bilancia dei pagamenti è in attivo di oltre il 6% del Pil, il budget statale è in pareggio con previsioni di surplus per gli anni a seguire ed il rapporto debito pubblico/Pil sotto il 40%.
Un pò meno roseo lo stato di salute dei bilanci familiari: le famiglie coreane sono infatti tra le più indebitate al mondo (il debito rappresenta il 160% del reddito disponibile) ma d’altro canto la cosa non è al momento eccessivamente preoccupante vista la costante crescita dei salari (oltre il 3% annuo) e il basso livello di disoccupazione (3,5%) e dei tassi d’interesse.
Se queste sono le premesse, perché quindi il mercato è così a sconto?
Esistono ragioni di tipo congiunturale e di tipo strutturale. Analizzando le prime non possiamo non notare come la svalutazione dello yen giapponese abbia pesantemente influito sulla profittabilità e sull’outlook delle aziende esportatrici. Il cambio KRW/JPY è infatti balzato dai minimi di 6.09 ai valori attuali di 11.18 e molte aziende coreane si trovano a competere negli stessi settori dove operarono i giganti giapponesi (chimica e auto, per esempio).
Il rallentamento della crescita cinese poi, principale mercato di sbocco degli export coreani, rappresenta, nel breve periodo, un ulteriore ostacolo alla crescita; a questo va aggiunto che certe industrie (come la cantieristica navale) in cui i coreani sono leader mondiali stanno vivendo una crisi strutturale mentre proprio i cinesi stanno gradualmente entrando in quei settori dove i coreani hanno un vantaggio competitivo, come ad esempio l’elettronica, intensificando quindi le spinte competitive nel settore e le pressioni al ribasso sui margini.
La recente diffusione di un nuovo ceppo di influenza (MERS) sta poi incidendo negativamente sui consumi e sul turismo nel paese anche se è ancora presto per poterla paragonare alla Sars. Queste sono, come detto, ragioni più di breve periodo che ci preoccupano sino ad un certo punto; riteniamo infatti che la Corea abbia accumulato nel corso degli ultimi anni, attraverso continui investimenti in R&D, importanti vantaggi competitivi/tecnologici e non sarà facile per nessuno (nemmeno per i giapponesi) insediare la loro leadership mondiale. Tuttavia, come detto in precedenza, queste sono solo alcune delle ragioni dei bassi livelli attuali di valutazione: esistono anche ragioni di tipo strutturale e di difficile risoluzione nell’immediato.
La prima è innanzitutto la questione aperta della Corea del Nord. I due paesi infatti sono ancora formalmente in guerra e la costante minaccia di un conflitto pesa inesorabilmente sui corsi azionari. Ma il vero problema, a nostro avviso, è rappresento dalla corporate governance. In Corea sono infatti molto diffusi i cosiddetti “chaebol”, cioè dei mega conglomerati industriali a conduzione familiare che in pratica costituiscono l’ossatura della struttura economica sudcoreana. Per dare un ordine di grandezza il più grande chaebol coreano, Samsung Group, controllato dalla famiglia Lee, rappresenta il 17% dell’intera economia del paese. Gli chaebol che, affondano le loro radici storiche nel rilancio del paese nel dopoguerra, sono da sempre stati associati a pessime pratiche di corporate governance, commistioni ed ingerenze politiche, partecipazioni incrociate e dubbie decisioni manageriali che hanno quasi in ogni circostanza fortemente penalizzato gli azionisti di minoranza. Per fare un esempio: Hyundai Motors lo scorso anno ha deciso di comprare un appezzamento di terreno al centro di Seul su cui costruirà la nuova sede pagandolo la bellezza di 10 miliardi di dollari. Essendo poi a conduzione familiare si è oltretutto recentemente creato il problema della successione all’attuale dirigenza, con lo stesso gruppo Samsung nel pieno di una importante ristrutturazione organizzativa. Il governo coreano ha recentemente cercato di aumentare la trasparenza nella gestione promuovendo un incremento della remunerazione degli azionisti, ma i risultati raggiunti sono ad oggi abbastanza deludenti.
E’ dunque evidente la differenza tra la Corea del Sud ed il Giappone (su cui siamo sovrapesati nel fondo Asia Pacifico) il quale ha, a differenza dei “cugini” coreani, già implementato una serie di riforme della corporate governance. Riteniamo comunque che il Giappone abbia aperto una strada che presto o tardi anche la Corea dovrà seguire se vorrà mantenere il suo stato di paese all’avanguardia ed attrarre investimenti in special modo in un contesto ultra competitivo come quello dei nostri giorni.
A Seul abbiamo partecipato ad una conference internazionale organizzata dal più grande broker locale a cui hanno partecipato diverse società nonché personalità del governo coreano. Vi riferiremo prossimamente su quali sono le realtà che ci hanno più colpito.