25/01/2022

Update sui mercati emergenti

AcomeA Paesi Emergenti Update sui mercati emergenti

Il 2021 in estrema sintesi

L’anno appena trascorso non è stato semplice per i mercati emergenti azionari. L’indice MSCI EM TR in euro ha reso il 4,86%, un incremento di per sé positivo ma ben al di sotto delle performance dell’indice globale azionario dei mercati sviluppati (+31% in euro) e questo nonostante una crescita finale degli utili stimata per il 2021 del 49%. La sottoperformance dell’asset class maschera, infatti, una significativa eterogeneità di risultati individuabili non solo geograficamente ma anche in relazione alle caratteristiche intrinseche dei titoli (growth vs value) e ai loro fattori dimensionali (large cap vs small cap).

A livello di singoli mercati si è infatti assistito a una notevole divergenza tra la Cina da un lato e la maggior parte dei Paesi emergenti dall’altro. L’indice MSCI China ha infatti perso oltre il 22% in dollari, trascinato al ribasso dai titoli tecnologici fortemente impattati delle nuove stringenti regolamentazioni volute dal presidente Xi e volte a prevenire comportamenti anti-competitivi delle aziende. Sotto le linee guida della nuova politica del “common prosperity” è stato inoltre pesantemente impattato un altro settore chiave dell’economia come quello immobiliare, mentre un altro settore molto più piccolo ma dal valore segnaletico, come quello dell’education, è stato sostanzialmente reso non profit causando ingenti perdite agli investitori istituzionali esteri. Questa “mannaia” regolatoria ha infatti colto di sorpresa molti operatori ed analisti collocandosi, oltretutto, in un periodo non facile per l’economia alle prese con un rallentamento pronunciato della crescita nell’ultimo trimestre dell’anno.

In aggiunta a ciò, le continue tensioni con gli Stati Uniti in relazione al controllo dei dati delle Internet companies quotate alla Borsa di New York (NYSE) e all’affidabilità e trasparenza dei bilanci delle stesse non hanno aiutato il sentiment degli investitori verso il Paese, che ha subito un marcato de-rating in termini di multipli di mercato. La Cina, considerando che è il Paese con il più alto peso nell’indice MSCI EM (oltre il 35%), è dunque il principale responsabile della sottoperformance di questa asset class nel 2021.

Gli altri mercati emergenti, infatti, si sono mossi più in linea con il resto dei mercati sviluppati sull’onda della ripartenza dell’economia globale: l’India (+30%), Taiwan (+23,6%) e il Sud Africa (+24%) hanno beneficiato della riapertura delle economie post-pandemia, del rimbalzo delle materie prime e di una crescita sostenuta degli utili aziendali, mentre meno positiva è stata la Corea del Sud (+3,53%), penalizzata soprattutto dalla performance negativa di Samsung Electronics (-3,3%). Anche i mercati emergenti non considerati core, come il già citato Sud Africa (+24%), Russia (+13%) e Tailandia (+14,3%) hanno registrato performance soddisfacenti mentre il Brasile (-11.93%) ha risentito di una crescita economica meno brillante, di un’inflazione più alta delle attese e delle tensioni politiche in vista delle elezioni presidenziali del 2022.

A livello di stile, il value (+0,55% in $) ha sovraperformato il growth (-10,27% in $) dopo due anni di marcata sottoperformance, mentre a livello dimensionale, le small-mid cap (+16,3%) hanno fatto decisamente meglio dell’indice generale (-5% in $), vista l’assenza nelle prime dei titoli mega tech cinesi e il maggior peso al loro interno di Paesi come India e Taiwan.

Come ci siamo mossi: la nostra strategia

Lo stile di gestione caratteristico di AcomeA è value contrarian e non è mai cambiato nel corso degli anni, indipendentemente dalle fasi di mercato più sfavorevoli. Abbiamo sempre ritenuto che un approccio alla gestione coerente nel tempo sia di fondamentale importanza nel processo d’investimento, e che inseguire i titoli più di moda, prescindendo da una loro analisi critica, non porti, alla lunga, a risultati soddisfacenti.

Il 2021 è stato un anno positivo sotto questo punto di vista. Il sottopeso dei titoli tecnologici e il sovrappeso di settori più ciclici, come il settore industriale e quello dei materiali di base, hanno dato i loro frutti dopo anni in cui la loro assenza nei portafogli ha inciso negativamente sul rendimento.

A livello di performance attribution, infatti, la stragrande parte dell’over performance nei confronti del mercato (oltre 14%) è stata dovuta alla selezione dei titoli, mentre la country allocation e il sottopeso di mercati che reputiamo cari (India e Taiwan) ha, invece, dato un contributo negativo ai risultati.

Anche la composizione del portafoglio in termini dimensionali ha aiutato: circa 2/3 dello stesso sono infatti investiti in small-mid cap che, come notato in precedenza, hanno sovraperformato nel 2021 il mercato dei titoli blue chip. A livello di singoli nomi un contributo importante in termini di rendimento è stato dato da Embraer (+157%), PPC (+255%), Eva Precision (+202%), Seven West Media (+82%), Fih Mobile (+50%), Cosco Shipping (+120%), Pacific Basin (+103%) e Telkom Sud Africa (+75%), mentre hanno chiuso l’anno in territorio negativo Sibanye (-16%), Zoomlion (-47%) e Vk (-50%).

Sul finire dell’anno abbiamo poi colto l’occasione dei ribassi di Borsa per inserire nei portafogli un paio di titoli tecnologici cinesi (Alibaba e Tencent Music) visto che, a differenza di qualche anno fa, le valutazioni sono diventate più attrattive, gli utili nonostante tutto hanno continuato a crescere e le negatività legate alla regolamentazione sembrano già ampiamente scontate nei prezzi, anche se non si possono escludere ulteriori pressioni ribassiste nel breve periodo.

Prospettive per il 2022

Il 2022 si preannuncia come un anno particolare per i mercati emergenti. Il livello di partenza, in termini di valutazioni, non è proibitivo, con il mercato che tratta a circa 12.6x gli utili attesi (media degli ultimi 5 anni), con una crescita degli stessi stimata del 6% per l’anno in corso e del 10% per il 2023, numeri quindi abbastanza conservativi. La prudenza del mercato è comunque giustificata dai fattori macroeconomici e, più in particolare, da una crescita prevista più bassa delle economie emergenti per il 2022 (+4.9% contro il 6.4% del 2021) e da un'inflazione che in selezionati Paesi sta spingendo le Banche Centrali ad alzare velocemente i tassi di interesse (ad esempio Brasile, Sud Africa, Russia e Sud Corea) penalizzando in tal modo l’economia domestica. 

L’apprezzamento del dollaro rappresenta un altro fattore di rischio per le borse, visto che storicamente un dollaro forte ha nella maggior parte dei casi coinciso con una debolezza dell’asset class e in generale delle valute emergenti.

La Cina rappresenta nel breve periodo un’incognita sul lato crescita economica ma allo stesso tempo un’opportunità di investimento se si ha un orizzonte temporale più lungo: da un lato, infatti, i segnali di una economia in fase di rallentamento sono evidenti (basta guardare al Cpi o alle retail sales) ma allo stesso tempo il governo e la banca centrale sono consci di ciò e si sono già mossi per stimolare l’economia.

Infatti, quest’anno si terrà in autunno il congresso del partito comunista dove il presidente Xi dovrebbe essere eletto presidente a vita ed è ipotizzabile che sia nel suo interesse arrivare alle elezioni con una economia forte e in salute. L’ondata di regolamentazioni del Paese, soprattutto nel settore tecnologico, non è probabilmente finita ma riteniamo che le valutazioni siano diventate attrattive al punto giusto per inserire alcune posizioni nel settore nei nostri portafogli; questo, in quanto riteniamo che abbia senso, a questi livelli, aggiungere a un portafoglio cinese che complessivamente guarda più al consumo domestico e alle esportazioni. La Cina è comunque un mercato su cui concentriamo il nostro interesse e rappresenta il Paese con il più alto peso in portafoglio (circa il 33%).

Guardando altrove, riteniamo che per motivi diversi Russia (tensioni geopolitiche) e Brasile (elezioni presidenziali) offrano occasioni di investimento molto interessanti, mentre rimaniamo cauti su Taiwan e India per questioni valutative; ci concentraiamo invece sulla Corea del Sud dove molte aziende sono leader di mercato a livello tecnologico e che soffre principalmente di un problema di corporate governance (ci ricorda il Giappone di qualche anno fa). In Sud Africa e in Australia, invece, abbiamo in portafoglio storie che hanno già dato buoni risultati nel 2021 ma che a nostro avviso non hanno ancora pienamente dispiegato il loro potenziale.

Da un punto di vista settoriale il fondo risulta molto equilibrato ed in linea con una filosofia di gestione che non va alla ricerca di mega trend di Borsa ma cerca di trovare valore nella selezione accurata dei titoli. Chiaramente questo è un approccio che, a volte, nel breve periodo non paga ma, alcuni investimenti, richiedono tempo per maturare e un fondo azionario nasce, teoricamente, proprio con questo scopo.

In definitiva ci aspettiamo un 2022 per certi versi complicato e volatile ma crediamo che dall’asset class azionaria emergente ci sia ancora parecchio valore da estrarre.